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domenica 9 maggio 2010

Vista mozzafiato et stile NY per la nuova galleria di Lia Rumma





Inaugurazione sabato 15 maggio con Ettore Spalletti e le sue opere

Stile newyorkese e vista mozzafiato per il nuovo spazio milanese della gallerista dei big, in via Stilicone a Milano

A 70 anni, quattro partecipazioni alla Biennale di Venezia, due a Documenta, innumerevoli esposizioni nelle più prestigiose istituzioni, dal Guggenheim di New York al Musée d’art modern de la Ville de Paris al museo di Capodimonte, Ettore Spalletti si è trovato protagonista di una nuova emozionante esperienza: l’inaugurazione della galleria che Lia Rumma ha costruito ex novo a Milano, in via Stilicone, nella zona Monumentale-Procaccini, a pochi metri da Villa Simonetta.

Un cubo bianco alto oltre venti metri, mille cinquecento metri quadri illuminati da enormi vetrate e coronati da una strepitosa terrazza con bar all’ultimo piano da dove si gode la vista del monte Rosa.
Quando ha visto lo spazio, invece di appendere semplicemente delle opere ai muri, Spalletti si è messo a dialogare con quest’architettura che tanto ha in comune con i suoi lavori fatti di volumi primari (quadrati, cilindri, parallelepipedi, rettangoli), come la pittura di Piero della Francesca, cui rimandano anche i colori stesi in campiture monocrome ricavate da pigmenti mescolati col gesso così da ricordare la qualità degli affreschi.
«Non mi sembra nemmeno una mostra» dice. «Ha un carattere diverso perché le opere partecipano dell’architettura e diventano quasi un tutt’uno con porte, finestre, muri: è un progetto ambientale dove la pittura si trasforma in architettura».

Al primo piano Spalletti ha appeso due enormi tavole azzurre che sembrano sfondare il muro come fossero due finestre, a loro volta gioco di specchi con la grande vetrata che sta loro di fronte.
Oppure, al piano terra, ha installato un cubo bianco («Non è riconoscibile come un’opera e quando entri in galleria pensi che faccia parte dello spazio») al cui interno ha collocato delle tavole grigie illuminate da una forte luce che cala dall’alto.
«Io lo chiamo il sancta sanctorum, la cella all’interno del tempio dell’arte» dice Lia Rumma che ha pensato subito a Spalletti come all’artista che meglio avrebbe saputo valorizzare l’aspetto quasi sacro, intimo e spirituale di questa nuova galleria che, per grandezza, è paragonabile solo ad alcune corrispettive newyorkesi.

Undici anni fa, da Napoli, dove dagli anni Sessanta ha scritto la storia dell’arte contemporanea italiana assieme ad altri grandi galleristi del Sud come Lucio Amelio, Lia Rumma era ri-salita (è di origini lombarde) a Milano, aprendo una galleria in via Solferino.
Lì ha presentato in prima mondiale i lavori sul Sudan di Vanessa Beecroft o anche William Kentridge (che nell’aprile 2011 sarà alla Scala con le scenografie del Flauto Magico), ma lo spazio era troppo piccolo.
Curando il progetto dei Sette palazzi celesti di Anselm Kiefer, Lia Rumma si era estesa all’Hangar Bicocca, ma cercava un luogo tutto suo per i progetti di grandi dimensioni.
«Milano mi ha accolto con molto affetto e con questo spazio ancora più grande voglio ribadire sia l’orgoglio di essere una gallerista italiana, sia che questa città può stare al centro dell’arte internazionale».

In via Stilicone ora potrà ospitare, come nell’altra megagalleria di Napoli, i tanti amici collezionisti, direttori di musei, artisti di tutto il mondo, la crème dell’arte contemporanea e gli anonimi milanesi appassionati d’arte, fra i quali sono tanti i giovani squattrinati.
Lia Rumma, che ha cominciato la sua attività a Napoli negli anni 60, inaugurerà la nuova galleria di via Stilicone 19 con le opere di Ettore Spalletti, classe 1940, che ha esposto nei maggiori musei e rassegne internazionali.

La sua mostra «Ho visto con i miei occhi quanto è lontana la terra» aprirà sabato 15 maggio dalle 12 alle 20.
Fino al 18 settembre. Orari: 10,30-13,30 e 14,30-19,30. chiuso domenica e lunedì.

domenica 13 dicembre 2009

Il Verrocchio


Andrea di Francesco di Cione detto Il Verrocchio
(Firenze, 1437 – Venezia, 1488)
è stato uno scultore, pittore e orafo italiano.
Fu attivo soprattutto alla corte di Lorenzo de' Medici. Alla sua bottega si formarono come allievi Leonardo da Vinci, Perugino, Domenico Ghirlandaio, Francesco Botticini, Francesco di Simone Ferrucci.
Rivestì un ruolo importante nella tendenza a misurarsi con diverse tecniche artistiche, manifestatasi nella Firenze di fine Quattrocento, e infatti la sua bottega divenne polivalente, con opere di pittura, scultura, oreficeria e decorazione, così da poter far fronte all'insistente domanda proveniente da tutta l'Italia di prodotti fiorentini.

Tecnicamente molto esperto e curato (grazie anche alla sua lunga attività di orefice), fu consapevole dell'importanza fondamentale e dell'inarrivabilità dell'opera di Piero della Francesca, da cui assimilò l'uso della linea, che in lui diventò marcata e incisiva, indagatrice del dinamismo psicologico dei soggetti (soggetti spesso tipizzati in base alla loro categoria di appartenenza).

Nacque a Firenze tra 1434 ed il 1437 nella parrocchia di Sant'Ambrogio (la sua casa natale si trova oggi tra via dell'Agnolo e via de' Macci). Sua madre Gemma mise al mondo otto figli ed Andrea fu il quinto.

Il padre, Michele di Cione, era fabbricante di piastrelle e successivamente esattore delle tasse. Andrea non si sposò mai e dovette provvedere al sostentamento di alcuni tra i suoi fratelli e sorelle, a causa dei problemi economici della sua famiglia. La sua notorietà crebbe notevolmente quando venne accolto alla corte di Piero e Lorenzo de' Medici, dove rimase fino a pochi anni prima della sua morte, quando si spostò a Venezia, pur mantenendo la sua bottega fiorentina.

Il primo documento che lo cita risale al 1452 ed è relativo ad una rissa dove un giovane perse la vita a causa di una sassata di Andrea.
Suo fratello Simone fu un monaco di Vallombrosa e divenne abate di San Salvi. Un fratello fu operaio tessile e una sorella sposò un barbiere.
Iniziò a lavorare come orafo, nella bottega di Giuliano Verrocchi, dal quale sembra che Andrea abbia in seguito preso il cognome. I suoi primi approcci alla pittura risalirebbero alla metà degli anni 1460 quando lavorò a Prato con Fra Filippo Lippi nel coro del Duomo.

Resta famosa una denucia anonima di sodomia che coinvolse gli allievi della sua bottega, fra gli altri anche il giovane Leonardo da Vinci.

Nel 1465 circa scolpì il lavabo della Sagrestia Vecchia di San Lorenzo, mentre tra il 1465 e il 1467 eseguì il monumento funebre di Cosimo de' Medici nella cripta sotto l'altare della stessa chiesa e nel 1472 terminò il monumento funebre per Piero e Giovanni de' Medici, ancora nella Sagrestia Vecchia. tutte le opere di questo periodo sono a tempera su tavola. Lo stile del Verrocchio in pittura è intensamente realistico, con modi ripresi dalla pittura fiamminga, costruito da una linea espressiva e ricca di pathos.
Tra il 1474 e il 1475 realizzò il Battesimo di Cristo, ora agli Uffizi, con il giovane allievo Leonardo da Vinci, che dipinse quasi sicuramente l'angelo di sinistra e i fondali paesistici. In quest'opera la composizione è triangolare con al vertice la ciotola nella mano di san Giovanni Battista e come base la linea che collega il piede sinistro del Battista a quello dell'angelo inginocchiato; in essa è inscritta e funge da centro visivo la figura del Cristo in piedi che da alla scena un movimento rotatorio, accentuato dalla posizione di tre quarti dell'angelo sulla sinistra, che volge le spalle all'osservatore.
In questo angelo è stata riconosciuta la mano di Leonardo, diversa per la grazia e morbidezza rispetto alle altre figure monumentali e definite dalla linea incisiva del contorno; allo stesso modo il paesaggio sullo sfondo aperto su di un'ampia valle percorsa da un fiume, reso con valori atmosferici che ne hanno ammorbidito e sfumato le forme, si differenzia dalle rocce rozzamente squadrate.

L'unico dipinto, totalmente autografo, giunto ai giorni nostri di cui è praticamente certa l'attribuzione al Verrocchio è la Madonna e bambino con i santi che si trova nella Cattedrale di Pistoia. Del 1468 è il candelabro, ora ad Amsterdam, realizzato per un corridoio di Palazzo Vecchio. La base è formata da tre lati su due è scritto rispettivamente MAGGIO e GIUGNO, sul terzo vi è la data in numeri romani, 1468. Nei primi anni settanta del Quattrocento compì un viaggio a Roma.

Intorno al 1474 fu chiamato ad eseguire il monumento Forteguerri per il Duomo di Pistoia, che lasciò incompiuto. A partire dalla seconda metà degli anni 1470 il Verrocchio si dedicò principalmente alla scultura, secondo le leggende narrate dal Vasari per via del confronto con il suo allievo Leonardo che aveva superato il maestro. Attenendosi in un primo tempo ai modelli canonici fiorentini, come nel David bronzeo del Bargello, su commissione di Lorenzo e Giuliano de' Medici del 1475 circa, riprese lo stesso soggetto di Donatello, ma stilisticamente, vista l'idealizzata e goticizzante bellezza, si rifece al Ghiberti, risolvendo il tema dell'eroe cristiano in un paggio cortese.

Nel 1478 circa realizzò il Putto alato con delfino, originariamente destinato a una fontana per la villa medicea di Careggi, dove l'acqua usciva dalla bocca del delfino e spruzzava in alto ricadendo, ora conservato a Palazzo Vecchio. In esso si percepiscono echi del dinamico naturalismo appreso da Desiderio da Settignano, che lo indirizzò verso la trasfigurare della materia scultorea in morbide forme levigate, mentre il soggetto deriva dall'antico, ma reinterpretato in sorridente un putto danzante, in precario equilibrio, con il manto che si incolla alla schiena e il ciuffo bagnato, appiccicato alla fronte. Dello stesso periodo è il busto della Dama col mazzolino, dove per evitare una rigida visione frontale e per rendere più dinamica la composizione girò il volto della donna e, grazie all'espediente del taglio del ritratto all'altezza dell'ombelico, poté inserirvi anche le mani.

Sempre dello stesso periodo è il rilievo per il monumento funebre di Francesca Tornabuoni per la chiesa di Santa Maria sopra Minerva a Roma (ora al Bargello). Nel 1479 la Repubblica di Venezia decretò la realizzazione di un monumento equestre per il condottiero Bartolomeo Colleoni, morto tre anni prima, da collocarsi in campo SS. Giovanni e Paolo, nel 1480 ne affidò l'esecuzione ad Andrea Verrocchio, nel 1481 il modello di cera venne mandato a Venezia, dove nel 1486 si trasferì l'artista per attendere alla fusione in bronzo del gruppo. Andrea morì nel 1488 a lavoro non terminato, l'artista aveva nominato erede ed esecutore Lorenzo di Credi, ma la Signoria veneziana gli preferì Alessandro Leopardi, artista locale.
Per la realizzazione del gruppo Andrea si rifece alla statua equestre del Gattamelata di Donatello, alle statue antiche di Marco Aurelio, dei cavalli di San Marco e del Reggisole, ma tiene anche presente l'affresco con Giovanni Acuto di Paolo Uccello in Santa Maria Novella.

È la prima statua equestre in bronzo a ritrarre una delle gambe del cavallo in posizione sollevata. In altre parole, l'intero peso della statua è sorretto da tre gambe invece che quattro.
La statua è inoltre notevole per l'espressione attentamente osservata sul volto del Colleoni: il condottiero, rivestito dall'armatura, si erge in posa solenne e con lo sguardo, sottolineato dalla zona d'ombra data dal cimiero, aggrottato, l'effetto dinamico del gruppo è dato dall'incrocio di due diagonali una quella formata dal profilo superiore del corpo del cavallo l'altra quella che va dal busto del condottiero alla dalla zampa anteriore sinistra del cavallo, piegata ad angolo retto.

Gli viene inoltre attribuita la Madonna Ruskin della National Galleries of Scotland a Edimburgo, datata al 1470 e alla sua bottega sono da riferire le tavole della National Gallery di Londra con Tobiolo e l'angelo, realizzata tra il 1470 e il 1480 e la Madonna col Bambino e due angeli del 1470 circa.

giovedì 11 giugno 2009

A Milano, opere da calpestare




Tombino Art, sedici artisti interpretano la città sotterranea dei cavi


Da giovedì 11 giugno «Sopra il Sotto»: trenta piattaforme in ghisa nell’asfalto trasformano la zona Tortona a Milano in una mostra urbana




Se passate dalle parti di via Tortona state attenti a do­ve mettete i piedi: potre­ste calpestare un'opera d'arte.






Domani 30 tombini realizzati da 16 street artist invaderanno il quartiere dietro Porta Geno­va, da via Savona a Montevi­deo, da via Forcella a Bergogno­ne e Stendhal, per una mostra open air «visitabile» fino a no­vembre.



«Sopra il Sotto» è il ti­tolo dell'esposizione ideata per festeggiare i 10 anni di Me­troweb, la società che con oltre 5 mila chilometri di cavi in fi­bra ottica ha reso Milano la cit­tà più cablata d'Europa. Interpretare il tema della re­te, usando come tele piattafor­me in ghisa da incastonare nell' asfalto, è il compito affidato agli autori dei tombini-quadro. «Un'opportunità per colloquia­re con la città, strappando un sorriso a chi ci abita», commen­ta Microbo, che ha trasformato in tombino il suo immaginario fatto di fili e creature informi.


«Da anni siamo "inquinati" dal­le brutture. Io decorerei anche i gabbiotti dell'Enel, sono mo­struosi».

Gli street artist come paladini della bellezza urbana? Gisella Borioli di Superstudio Group, direttore artistico della mostra, ne è convinta: «Con questa iniziativa regaliamo un tocco di armonia alla città. Ma non confondiamo questi artisti con chi imbratta i muri.


Anzi, per evitare fraintendimenti smetterei di chiamarli "wri­ter", meglio "urban painter"». Abbominevole — vero no­me Oliver, 29 anni, autore di un tombino che ricorda una maschera africana — suggeri­sce «public artist»: «Il mio in­tento è dare qualcosa alla gen­te, non danneggiare», dice.

«So­gno di avviare un nuovo Rina­scimento urbano, di abbellire intere facciate di palazzi.

A Ber­lino si può, a Milano no: le isti­tuzioni non sono abbastanza aperte».


Eppure lui, Microbo e gli al­tri pionieri della tombini-art sono richiestissimi nel campo della moda, della pubblicità e del design.

«Perché sono pop, usano un linguaggio immedia­to, facile da capire», sostiene Borioli.


«Siamo come pubblici­tari, usiamo la strada come vei­colo di comunicazione per pro­muovere la nostra opera — spiega Pho, anche lui nel cast di «Sopra il Sotto» —.


La mo­stra è la conferma che quello che abbiamo fatto per anni nel­le strade, anche illegalmente, è piaciuto, ha acquistato valore.


Quanto? Le mie opere valgono 3 mila euro al metro quadro, ho customizzato maglie per Quicksilver, a luglio esporrò a Londra. Che altro chiedere?».


Abbominevole chiederebbe di lasciare i tombini a terra per sempre, anziché metterli all' asta, a novembre: «Sono con­tento che il ricavato vada in be­neficenza, ma mi dispiace non poterne seguire il deteriora­mento ».

Le scarpe dei passan­ti? Per Microbo non è un pro­blema: «A me basta che la mia opera sia per strada: il massi­mo della democraticità».


INFORMAZIONI: «Sopra il Sotto», dall'11/6 a no­vembre in zona Tortona

lunedì 1 giugno 2009

Fotografia : Nudi a Monaco (Nude Vision)

































Guy Bourdin, Guido Mangold ,Thomas Ruff, Herbert List, Rudolf Koppitz,
Bert Stern
nella grande collettiva che, fino al 13 settembre 2009, celebra la fotografia della sensualità..
Introduzione alla collezione fotografica del Münchner Stadtmuseum di Monaco, Nude Visions mostra al visitatore 200 fotografie originali che percorrono la storia del nudo degli ultimi 150 anni.

Dopo i primi nudi "accademici", già attorno al 1870 si ricerca un nudo artistico: le modelle erano ritratte en plein air, di solito nelle campagne Italiane o del Nord Africa. Nel tardo XIX secolo, il Lebens reform-Bewegung ("Life Reform Movement") in Germania userà la fotografia come mezzo per consacrare la naturalezza della nudità. Con il 1900 i fotografi pittorialisti (movimento in voga dal 1885 al 1914 che voleva la fotografia come "copia" del dipinto) mirarono ad elevare il nudo a soggetto artistico.
La fotografia del 1920-1930 trova nuove composizioni armoniche utilizzando esposizioni multiple, la solarizzazione, le tecniche del collage, i contrasti del chiaro scuro e le prospettive: l'immagine del nudo viene distorta e frammentata.

Questi esperimenti continuano fino a dopo la seconda guerra mondiale, a fianco di una tendenza parallela che difende la fotografia "pura", il nudo naturale.

Quando agli inizi del XX secolo ad Hollywood viene coniata la nuova definizione di star, fa capolino la fotografia glamour, arrivando al 1960 quando il nudo viene consacrato dalla pubblicità.
La mostra affronta anche il nudo maschile che, contrariamente al nudo femminile, ha faticato maggiormente ad affermarsi.

Dopo il nudo nelle accademie d'arte e nel bodybuilding, con l'emancipazione omosessuale avvenuta durante la Repubblica di Weimar, che continuerà anche negli anni '60, si vedrà un crescente numero di artisti gay pubblicare più nudi maschili.

Nude Visions 150 Years Body Images in Photography
27 Maggio - 13 Settembre 2009
Münchner Stadtmuseum - Sammlung Fotografie St.-Jakobs-Platz 1, Munich http://www.stadtmuseum-online.de/

venerdì 15 maggio 2009

Gli artisti italiani a Parigi





A distanza di sette anni dall’inizio del progetto, l’Institut National d’Histoire de l’Art di Parigi mette in rete una delle sue proposte più ambiziose.
Quanti sono i dipinti italiani in Francia?

Per scoprirlo ora c’è il Retif...

“È ancora possibile scoprire in un piccolo museo di provincia un bel dipinto italiano su fondo-oro o, nella penombra di una chiesa, un’importante tela del Seicento?

Non è inimmaginabile”. Con queste parole Michel Laclotte, già direttore del Grand Louvre, annuncia la messa in rete sul sito dell’Institut National d’Histoire de l’Art di Parigi del Retif, il repertorio dei dipinti italiani nelle collezioni pubbliche francesi.

Secondo un calcolo orientativo, circa 12mila dipinti italiani sono conservati nei musei, nelle chiese e negli edifici pubblici francesi.
Cifre da capogiro, che lasciano intravedere la portata del progetto e permettono d’immaginare le difficoltà che l’intera équipe ha dovuto superare.

È oggi possibile consultare circa un sesto delle schede dei dipinti, mentre le altre dovrebbero essere aggiunte nel corso dei prossimi anni.

Dopo le regioni della Bretagna, del Centre, del Nord-Pas-de-Calais, dei Pays-de-Loire e del Poitou-Charentes, il gruppo attualmente lavora sulla regione dell’Auvergne e sulle due normandie (Basse-Normandie e Haute-Normandie).
Ogni scheda riporta le informazioni generali: dimensioni, supporto, bibliografia sommaria. Grande attenzione è stata data alla qualità delle immagini, che illustrano nella maggior parte dei casi le schede.
Ma il Retif ha anche voluto essere un momento di riflessione e un banco di prova, in un periodo storico in cui si assiste un po’ dappertutto a una digitalizzazione forsennata - e a volte insensata - delle collezioni pubbliche.

Due punti meritano particolare attenzione: l’attribuzione dei dipinti e la sua provenienza. Non tutti i potenziali consultatori del sito sanno infatti che non sempre si conosce l’autore di un dipinto. A volte l’opera è firmata o esistono documenti che ne segnalano la paternità, ma in molti casi è una categoria particolare di storici dell’arte - i cosiddetti “connaisseur” - a proporre un’attribuzione (si legga il romanzo di Henry James, La protesta, tradotto da Fazi nel 2006).

Capita allora di ritrovare nel Retif le proposte di Federico Zeri, di Roberto Longhi o di Bernard Berenson, nonché quelle di alcuni loro “eredi”, tra i quali si segnala qualche italiano: Roberto Contini, Andrea De Marchi, Mina Gregori e Giovanni Romano.

Le opere più importanti sono state studiate e presentate in convegni e mostre, ma si possono pure inviare le proprie proposte via mail.

Ogni sei mesi circa, il materiale raccolto sarà valutato e le indicazioni più pertinenti segnalate sulla scheda dell’opera. La provenienza dei lavori potrebbe essere invece argomento spinoso per un pubblico, quello italiano, assuefatto all’idea dei “furti d’arte” di Napoleone.

Se è innegabile che alcuni dei capolavori italiani di Francia siano il frutto delle campagne militari dell’esercito rivoluzionario prima e di quello napoleonico poi, non bisogna dimenticare che la maggior parte delle opere sottratte fu restituita nel 1815 e che il bottino supera oggi di poco i cento dipinti. La Gioconda è stata portata in Francia dallo stesso Leonardo, mentre - durante il regno di Luigi XIV - il re, i suoi ministri e tutta l’aristocrazia hanno fatto a gara per acquistare le opere dei migliori artisti italiani dell’epoca.

Nell’Ottocento, molti collezionisti privati hanno acquistato dipinti durante i loro soggiorni in Italia, o per il tramite di alcuni mercanti italiani, prima di farne dono al museo della propria città. Poche settimane fa, il museo di Fontainebleau ha acquisito un’Allegoria del mondo marino di Francesco Albani: la passione dei francesi per l’arte italiana non accenna dunque a diminuire.
Con un pizzico di sarcasmo, alcuni si son chiesti come si potesse esser sicuri che nessuna opera fosse sfuggita al censimento.

È a loro che Michel Laclotte risponde nella presentazione del progetto:

“Osiamo pensare che sia inevitabile e non necessariamente drammatico: che la gioia di scovare un capolavoro nei depositi dei musei, in una sacrestia o in un ufficio, sia offerta anche ai ricercatori di domani"

giovedì 23 aprile 2009

300 cappelli in mostra al Victoria and Albert Museum di Londra


A Londra un viaggio nella storia del cappello..
Fino al 10 maggio al Victoria and Albert Museum in mostra più di 300 modelli selezionati dal modista Stephen Jones .
Stephen Jones si laurea alla St Martin's School a Londra nel 1979. Da allora, ha prodotto collezioni di cappelli due volte all'anno con il brand "Stephen Jones Millinery" e ha collaborato con stilisti del calibro di Jean Paul Gaultier, Vivienne Westwood, Thierry Mugler, Christian Dior, John Galliano, Comme des Garçons e Marc Jacobs.

È lui il prescelto che dall'Aprile 2007 ha selezionato più di 300 cappelli dai vastissimi archivi della collezione del Victoria and Albert Museum di Londra arrivando a rappresentare ben 17 secoli di storia.

Dalla maschera Egiziana Anubi del 600 a.C. alla moda di Balenciaga degli anni '50, per la prima mostra sui cappelli del V&A Museum Jones si è divertito a scovare i modelli più interessanti, curiosando anche tra le collezioni inglesi di Bath, Stockport, Luton, la Royal Collection e godendo di prestiti internazionali da Los Angeles, New York, Parigi, Vienna nonché di contributi di collezionisti privati.

Molti gli inediti esposti all'interno di un percorso di 4 sezioni.

Inspiration affronta le tematiche da cui hanno attinto i modisti nel corso della storia; Creation illustra attraverso bozzetti e materiali le tradizioni, le innovazioni e il lavoro che porta alla creazione dei cappelli.

Il Salon mostra modelli spettacolari al top delle capacità sartoriali, mentre in Client si avrà modo di ammirare i cappelli che sono stati indossati da chi ha fatto di questo importantissimo accessorio un must: Dita von Teese, Gertrude Shilling, Isabella Blow e Anna Piaggi.

In esposizione anche gli ultimi modelli di modisti mondiali come Noel Stewart, Nasir Mazhar e naturalmente le recenti collezioni di Stephen Jones "VANDA" e "Albertopolis", entrambe ispirate dalla collaborazione con il V&A. Hats: An Anthology by Stephen Jones


Fino al 10 maggio 2009 Victoria and Albert Museum -

V&A South Kensington Cromwell Road, London

martedì 31 marzo 2009

Marilyn Monroe a Lodi






























Dal 4 aprile al 14 giugno a Lodi, gli scatti di Sam Shaw rivelano un'inedita Marilyn Monroe.

L'hanno amata tutti, fotografi inclusi. Norma Jeane Mortenson, in arte Marilyn Monroe, una delle dive più naturalmente belle davanti all'obiettivo, affidava ciecamente le mille incustodite lei a chiunque dimostrasse di voler prendersi cura della sua esuberanza, della sua malinconia, della sua dolcezza, della sua sensualità palpabile.

La mostra, aperta a Lodi, la ritrae attraverso 40 scatti dell'Archivio Alinari di Firenze, firmati dal fotografo americano Sam Shaw (1912 - 1999).
Shaw conosce Marilyn tra il 1950 e il 1951, quando la fama non l'ha ancora raggiunta (tanto che si dice che lei gli abbia fatto da autista per pagarsi l'affitto!).

Dal 1950 al 1960 realizza le cover di Life e Look.È proprio lui a suggerire nel 1954 la sequenza storica della gonna sollevata dall'aria calda della subway sulla Lexington Avenue a New York per il film Quando la moglie è in vacanza.Per lungo tempo inediti, gli scatti di Shaw riescono, a quasi cinquant'anni dalla sua scomparsa, a far resuscitare la diva di Hollywood e a mostrarla sotto una luce che non è quella accecante dei pettegolezzi e delle dicerie tra cui è vissuta.
Tutt'altro: ci svela il privato di una donna vitale e sorridente, sicura di sé.
Il percorso espositivo pone l'accento sul contrasto fra vita pubblica e privata della star anche attraverso i décollages di Mimmo Rotella, artista che ha dichiarato Marilyn musa ispiratrice per la sua produzione.Il libro d'arte Bellezza eterna (2005), composto di dieci décollages e dieci poesie di Alda Merini, ne sottolinea infatti la fragile complessità.
Il messaggio della mostra, invece, è semplice ed universale: bye-bye, baby.


Marilyn Monroe.
Diva del Novecento
Fotografie di Sam Shaw
4 aprile - 14 giugno 2009 Spazio espositivo Bipielle arte, c/o Banca Popolare di Lodi
Via Polenghi Lombardo 13, Lodi

venerdì 27 marzo 2009

Van Gogh a NY e Matisse a Milano




NEW YORK : Van Gogh
La notte ha sempre rappresentato un soggetto intrigante per Van Gogh che ha voluto ritrarla in molti suoi dipinti.
24 bellissime pitture in mostra, per capire come l'artista ha colto gli aspetti più difficili dell’oscurità.
Van Gogh and the Colors of the Night 21 Settembre 2008 - 5 Gennaio 2009
The Museum of Modern Art11 West 53 Street, New York

MILANO : Magritte
Cento dipinti, oltre a gouaches, collage e sculture provenienti dal Musée des Beaux Artes di Bruxelles, raccontano l’approccio di René Magritte al tema della Natura.
Magritte.
Il mistero della natura 21 novembre 2008 - 29 marzo 2009
Palazzo Reale
Piazza Del Duomo 12, Milano

Hussein Chalayan a Londra




From fashion and back: Hussein Chalayan in UK

Dal 22 gennaio al 17 maggio 09 lo stilista di origini turco-cipriote, famoso per le sue ardite contaminazioni tra moda e alta tecnologia (e da un anno direttore creativo di Puma), viene celebrato per la prima voltanel Regno Unito.
Con una grande retrospettiva al Design Museum di Londra.
Hussein Chalayan, designer, filosofo e architetto
A Londra, una mostra rende il dovuto omaggio al grande stilistasfuggito ai dogmi del fashion-business
38 anni, nato a Nicosia, Cipro, ma trasferitosi in Inghilterra da bambino, Hussein Chalayan non ama essere etichettato. Che è un affermato designer di moda si può dire, e anche forte. "Miglior designer inglese dell'anno" per ben due volte consecutive (1999 e 2000), nel 2006 ha vinto un MBE per il servizio reso all'industria della moda.
Ma non chiamatelo "outsider". E dimenticatevi dell'appellativo "concettuale".
Nonostante le sue creazioni siano strettamente legate a tematiche politiche e sociali (tanto che è anche autore di cortometraggi come Absent Presence, con Tilda Swinton, con cui ha rappresentato la Turchia alla 51esima Biennale di Venezia), Chalayan infatti non si definisce né "profondo" né "artistico".
Ha semplicemente un cervello che usa, molto bene, per creare idee.
Che si indossano.
Bisogna ricordarselo, visitando la prima mostra che l'Inghilterra gli dedica. Perché il tavolo/gonna di legno che ha presentato nel 2000 (dalla serie Afterwords) è uno spettacolo, così come Airborne che applica ai tessuti la tecnologia d'avanguardia di 15.000 luci LED combinate a cristalli Swarovsky e il vestito "Readings" che proietta con 200 luci laser semoventi il sogno-realtà di una moda fantascienza.
Ma il direttore artistico di Puma (dal Gennaio 2008) è capace anche di capi basic (che proprio basic non sono mai) e di deliziosi abiti da cocktail nero pece di una semplicità rara e personalissima, così difficile da trovare in altri stilisti che un modello è stato indossato pochi mesi fa da Jennifer Connelly al Late Show with David Letterman.
Con circa 35 vestiti il Design Museum di Londra offre uno spaccato del mondo di Chalayan che è molto più di una sfilata di moda.
È fatto di architettura, design, filosofia, antropologia, scienza e tecnologia e ha come cardine uno studio quasi maniacale del corpo femminile e un utilizzo magistrale dei materiali e delle forme con cui Hussein sperimenta.
Hussein ChalayanFrom fashion and back
Fino al 17 Maggio 2009
Design Museum Shad Thames, London SE1 2YD
From fashion and back 22 gennaio - 17 maggio 2009 Design MuseumLondra

L'expo TAG au Grand Palais


L'Art de rue au musée : les backstage de l'exposition TAG
L’exposition T.A.G. au Grand Palais sacre jusqu’au 26 avril 2009 les Graffs et les Tags.

L’occasion de revoir quelques clichés en présence de leurs artistes.
La vocation de tagueur nait vers onze, treize ans, d’un besoin égocentrique d’expression, une nécessité d’exister, de parler.

Leur vie du début n’est guère différente de celle des autres artistes.

Il faut d’abord connaître les codes, les légendes, les courants, l’histoire en un mot.

Le parcours ensuite dépend de chacun. « Si t’as de bonnes statistiques, tu continues » : le tagueur joue au chat et la souris avec les représentants de l’ordre.
Hors la loi, ils le sont la plupart du temps. Certes ! « Tout comme celui qui roule sur l’autoroute plus vite que les autres ! »

Mais ce sont aussi les conditions qui veulent ça. On fait des terrains de basket, on ne dresse pas de murs à taguer.

Les sanctions augmentent pour les récidivistes. De fait, certains abandonnent.
A contrario, d’autres deviennent des légendes. Une légende « c’est le mec qui te tue. A chaque fois, tu vas à gauche, à droite, tu vois son nom ». Une légende se place aux bons endroits, sur des surfaces inédites, sans compter le talent artistique véritable qui justifie cette consécration au sein d’un grand musée.

A ce sujet, lorsqu’une blogueuse, Chloé, présente au vernissage, se demande si une exposition sur l’art des rues ne va pas à l’encontre des principes mêmes du tagueur, la réponse est simple : « tout ça fait partie des arts picturaux qu’on le veuille ou non, mais c’est vrai, c’est une commande».

La logique de création n’a pas été la même. Ils se sont retrouvés devant des toiles blanches à remplir, alors que leurs travaux habituels obéissent à une logique : « on repère les lieux. On part en mission ».

Mais le résultat n’entre pas dans une galerie. Il faudrait pouvoir décrocher des pans de mur de deux mètres sur quatre pour s’offrir son graff.
Aujourd’hui, les conditions d’exposition étant uniques et inhabituelles, les tagueurs veulent se montrer critiques sur T.A.G : « la bande sonore est faible » fait remarquer l’un d’entre eux. « Dans la vie, le bruit des bombes de peinture, c’est quelque chose… ».

Un jugement d’esthète, voire nostalgique, qui révèle une sagesse acquise avec l’âge. En effet, certains atteignent ici « the fame », la célébrité, parce qu’on parle de leur travail comme d’une extension d’eux-mêmes.

Après avoir été, pour certains convoités par les marques de streetware, ils sont au Grand Palais : « l’establishment de la reconnaissance de l’art » précise Dize. On pourra toujours se demander si ceux qui débutent aujourd’hui seront des légendes demain, en peignant sur des murs alloués par la mairie.

venerdì 20 marzo 2009

Le design italien au Pavillon des arts et du design à Paris



Le design italien à l'honneur du Pavillon des arts et du design

Le Pavillon des arts et du design qui se tiendra du 1er au 5 avril 2009 dans le Jardin des Tuileries à Paris réunira 80 exposants sur 4 750 m² fera honneur au design italien pour cette édition 2009.

Le Pavillon accueillera les plus grands noms du marché de l’art italien : Massimo et Sonia Cirulli, Galerie Rossella Colombari, Galerie Pegaso, Galerie HP Le Studio, Galerie du Passage et Galerie Italienne.

Ainsi que ses dignes représentants sur le territoire national : Clara Scremini Gallery.

Les designers italiens seront également présents sur de nombreux stands : Franco Albini chez HP Le Studio, Mattia Bonetti et Pucci de Rossi chez Cat-Berro Galerie, à la Galerie du Passage et à la Galerie Italienne.

Cette année le Pavillon innove avec la création du Prix du Pavillon des Arts et du Design imaginée par Patrick Perrin et Stéphane Custot et mécené par Moët-Hennessy.

Ce prix permettra d’offrir aux Arts Décoratifs un objet sélectionné au Pavillon par un jury de personnalités qualifiées du monde l’art et de la culture.

Cet objet viendra enrichir les collections permanentes des Arts Décoratifs.

Ce même jury désignera également les prix habituels du Pavillon, à savoir « Le Stand du Pavillon » et « L’Objet du Pavillon ».

Ce "Pavillon des arts et du design" est une occasion unique pour découvrir le design et l'art dans des spécialités très variées : Mobilier, Dessin, Peinture et Sculpture de la Renaissance à nos jours, Antiquités, Modernisme, Photographie, Design, Arts Premiers, Arts d’Asie, Bijoux, Verrerie contemporaine, Argenterie, Orfèvrerie, Tapis, Tapisseries ...


INFOS PRATIQUES :Dates : du mercredi 1er au dimanche 5 avril 2009

Lieu : Jardin des Tuileries - Esplanade des Feuillants

Face au 234, rue de Rivoli, angle rue de Castiglione - 75001 PARIS

Horaires : tous les jours de 11h à 20h Nocturnes : jeudi 2 et vendredi 3 avril 2009

jusqu’à 22h

Entrée : 15 euros

domenica 15 marzo 2009

Onorificienza francese per la collezionista Patrizia Sandretto


In passato il prestigioso titolo è stato conferito fra gli altri al ballerino e coreografo Rudolf Nureyev, all'editore Inge Feltrinelli, allo scrittore Alberto Arbasino, al designer Philippe Starck, all'attrice Penolope Cruz.

Ora tocca alla collezionista e mecenate torinese Patrizia Sandretto Re Rebaudengo ricevere il titolo di Chevalier de l'ordre des Arts et des Lettres, onorificenza francese che le sarà conferita da Jack Lang, già Ministro della Cultura transalpino.

Saranno presenti alla cerimonia Frédéric Mitterrand, Direttore di Villa Medici a Roma, Bruno Aubert, consulente culturale dell'Ambasciata di Francia e Véronique Vouland-Aneini, Console Generale di Francia.

Domenica 15 marzo 2009 (su invito)

Fondazione Sandretto Re RebaudengoVia Modane 16 -

TorinoInfo: 0113797600

Art Woman 2009 a Lecce




Aspetti del design contemporaneo femminile.

Decima edizione della rassegna annuale che sottolinea il contributo femminile nel campo della creatività artistica
orario:
Tutti i giorni 10.00-13.00; 17.00-21.30
biglietti: ingresso libero
catalogo: in mostra, Edizioni Movimedia
curatori:

CASTELLO CARLO V
Viale Xxv Luglio
LECCE (73100)
genere: arte contemporanea, collettiva

Italiani oggi, a Torino


In vista del 150° anniversario dell'unità d'Italia, un punto della situazione sull'Italia con ospiti eccezionali, da Mario Monicelli a Ettore Scola, Mario Martone, Giacomo Poretti, Fausto Bertinotti, Ezio Mauro, Gianni Berengo Gardin.

È quello offerto a Torino da Italiani.
Immagini e identità, ciclo di incontri, appuntamenti, proiezioni e concerti che si propone di rispondere alle domande: chi sono gli italiani oggi?

In quale direzione guardano? Che cosa li rende uniti?

Promossa dal Comitato Italia 150 la rassegna segna il cammino di avvicinamento a due anni dal 17 marzo 2011, data in cui ricorre il centenario, lasciando alle parole e alle immagini di alcuni illustri connazionali il compito di ripercorrere le nostre storie e di discutere della nostra identità. Fra gli appuntamenti da non perdere Racconti tra cinema e storia, quattro giornate, otto appuntamenti, dodici capolavori di registi italiani che mettono in scena il nostro Paese e i suoi abitanti, e La musica come identità nazionale, un evento dedicato alla musica dei grandi compositori italiani dell'800, suonata dall'Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai nello splendido teatro Carignano appena restaurato.
Dal 16 al 22 marzo 2009Sedi varie - TorinoInfo: 0115539600 - info@italia150.itWeb: http://www.italia150.it/

giovedì 12 marzo 2009

Le salon du livre sous le signe du Mexique

Rendez-vous au 29e Salon du Livre!
Acteur majeur du rayonnement de la lecture en France, le Salon du livre fête son 29e anniversaire cette année.
Du 13 au 18 mars 2009, ce sont 3000 auteurs qui sont attendus Porte de Versailles pour rencontrer le public, participer à des ateliers ou séances de dédicaces.

Dates : du 13 au 18 mars 2009
Lieu : Porte de Versailles / Pavillon 1
Tarifs : 7€,
Gratuit pour les - de 18, étudiants de - 26 ans, demandeurs d'emploi et les bénéficiaires du RMI
Sur le web : http://www.salondulivreparis.com/

Toujours ouvert sur le monde, le Salon invite cette année un hôte de marque, le Mexique.
Ce sont 36 auteurs de la littérature contemporaine mexicaine, traduits et publiés par des éditeurs français, que les lecteurs rencontreront.

Une immersion totale dans la littérature mexicaine avec une sélection de 15 livres soumis à l'appréciation des lecteurs. L'ouvrage ayant recueilli le plus grand nombre de voix se verra décerné le "Prix grand public Salon du Livre ".

Egalement au programme, une exposition de 20 illustrateurs mexicains qui habilleront les murs du Club jeunesse, un espace dédié à la BD et aux Mangas et un bar à sciences pour dialoguer avec des chercheurs à l'occasion de l'année mondiale de l'astronomie.

domenica 8 marzo 2009

Raffaello a Urbino, una mostra da non mancare


Mostra Raffaello e Urbino

Palazzo Ducale

4 aprile 2009 - 12 luglio 2009



Urbino non fu solo la città natale di Raffaello, ma determinò in modo significativo la sua formazione, restando per tutta la sua vita un punto di riferimento essenziale. Partendo da questo presupposto, la grande mostra che si apre nel Palazzo Ducale di Urbino nella prossima primavera intende recuperare e valorizzare proprio questa stretta connessione tra Raffaello e la sua città natale. Esaminando il contesto urbinate, dalla fine degli anni Settanta a tutti gli anni Ottanta del Quattrocento, viene ricostruito l'ambito artistico-culturale in cui si formerà il giovane Raffaello e nel quale opera il padre, Giovanni Santi, pittore dei duchi e letterato, che è a capo di una ricca e fiorente bottega, oltre che autore della famosa Cronaca nella quale esprime importanti giudizi sui pittori a lui contemporanei.
La mostra, allestita nel Salone del Trono e nelle sale dell'appartamento della Duchessa del Palazzo Ducale, sede della Galleria Nazionale delle Marche, si pone l'obiettivo di ricondurre la prima formazione di Raffaello alla grande cultura espressa dalla corte urbinate e soprattutto all'influenza del padre, Giovanni Santi e presenta i capolavori giovanili di Raffaello, 20 dipinti e 19 disegni originali, messi in rapporto alla pittura del padre e di altri pittori vicini alla fase giovanile della sua formazione ad Urbino, 32 dipinti e 10 disegni.
Una sezione della mostra è inoltre dedicata al rapporto dell'opera di Raffaello con la più importante produzione del ducato di Urbino, la maiolica, basata sulle immagini raffaellesche, di cui sono esposti esemplari antichi. Sarà visibile, per la prima volta, un pezzo mai esposto, derivato direttamente da un disegno originale e non da un'incisione di Raffaello, assieme a numerosi esempi fra i più preziosi di questa produzione.
Raffaello nacque nel 1483 e fu di certo, come ricordano le fonti, un fanciullo prodigio.Ciononostante la storiografia ha troppo spesso trascurato la conoscenza dei suoi anni giovanili, la cui ricostruzione ci appare oggi come fondamentale. A cominciare dalla mostra di Londra del 2004, la critica sta portando la sua attenzione proprio sugli anni giovanili, prendendo in esame l'assunto di questa rassegna, cioè la prevalenza, nella formazione di Raffaello, del rapporto con il padre, con la sua bottega e soprattutto con la grande cultura che ha come epicentro il Palazzo Ducale con le sue collezioni d'arte. Raffaello, che è citato nel 1511 a Roma come allievo del padre Giovanni Santi, non si distaccò mai dalla sua città natale che rimase, anche nel periodo maturo della sua carriera, il centro dei suoi interessi, anche economici. Baldassar Castiglione, legato strettamente ai Montefeltro, e Bramante, protettore di Raffaello a Roma, sono state figure di riferimento per tutta la sua vita.
La mostra esamina quindi le vicende della bottega di Giovanni Santi dopo la sua morte avvenuta nel 1494. Il giovane Raffaello nel 1500 eredita la bottega paterna fino a firmarsi "Magister", con Evangelista da Piandimeleto, per la commissione della pala di S. Agostino a Città di Castello.
Le ricerche archivistiche in corso hanno peraltro portato alla luce un numero incredibile di nuovi documenti, non pubblicati da Pungileoni, che mostrano il tessuto artistico in cui si forma il giovane Raffaello e gli stretti legami, mai recisi, con la sua città natale, sia artistici che economici. La presenza di Bramante a Urbino, che sarà poi il più valido supporto alla sua carriera romana, la possibile influenza di altre personalità presenti nella città ducale come Girolamo Genga e Timoteo Viti, rendono molto interessante esplorare questo terreno. Senza trascurare il rapporto con Perugino che la tradizione storiografica, da Vasari in poi, ha messo al centro della sua formazione e che sarà naturalmente indagato nel percorso espositivo.
La mostra è curata da Lorenza Mochi Onori, Soprintendente per i Beni Storici Artistici e Etnoantropologici delle Marche e si avvale di un prestigioso comitato scientifico, che vede la partecipazione dei maggiori specialisti nella materia, impegnati in alcune delle più importanti collezioni museali del mondo:

Linda Wolk Simon, del Metropolitan di New York, che ha curato recentemente una mostra sul tema,

Carol Plazzotta e Tom Henry della National Gallery di Londra, curatori della mostra su Raffaello tenutasi a Londra nel 2004,

Silvia Ferino Pagden, del Kunsthistorisches Museum di Vienna, specialista della grafica raffaellesca,

Cristina Acidini, Antonio Natali e Marzia Faietti, rispettivamente Soprintendente del Polo Museale fiorentino, Direttore degli Uffizi e Direttore del Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi,

Giovanna Perini, ordinario di Storia dell'Arte dell'Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo",

Antonio Paolucci, e Arnold Nesselrath rispettivamente Direttore e curatore del Dipartimento di pittura dei Musei Vaticani, oltre ai direttori storici dell'arte della Soprintendenza di Urbino.
La mostra è promossa dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Direzione regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche, Soprintendenza per i Beni Storici Artistici e Etnoantropologici delle Marche, dalla Regione Marche, dalla Provincia di Pesaro-Urbino, dal Comune di Urbino e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro.

L'organizzazione è affidata a Gebart in collaborazione con Civita.

Il catalogo è edito da Electa.

Urbino e i Montefeltro

La grande rassegna dedicata agli anni giovanili di Raffaello costituisce una straordinaria opportunità per conoscere o riscoprire le testimonianze storiche e artistiche dell’antica capitale del Ducato, che ci restituiscono ancora oggi gli spazi e i contesti in cui si è formato il Maestro.
Innanzitutto il Palazzo Ducale, opera di Luciano Laurana e Francesco di Giorgio voluta dal Duca Federico da Montefeltro: uno dei capolavori assoluti dell’architettura rinascimentale, cuore e simbolo visivo della città di Urbino, oltre splendido contenitore della Galleria Nazionale delle Marche, che conserva alcuni dei più grandi capolavori di tutti i tempi. Definito il palazzo in forma di città da Baldassarre Castiglione nel Cortegiano, il Palazzo si sviluppa intorno al cortile d’onore con oltre 250 stanze.


Nel piano nobile, tra gli ambienti più suggestivi del cosiddetto Appartamento del Duca, vi è lo Studiolo del Duca Federico con le meravigliose tarsie lignee e i ritratti degli uomini illustri.

Oltre la Sala del Trono si sviluppa invece l’Appartamento della Duchessa, dove è allestito il percorso di mostra. I

l piano superiore è risultato da un ampliamento successivo, realizzato da Gerolamo Genga su incarico dei Della Rovere che sostituirono i Montefeltro dopo la morte senza eredi di Guidubaldo, figlio del Duca Federico.
Dal cortile si accede agli ambienti che ospitavano la grande Biblioteca e, attraverso la Sala dei Banchetti, alla Cappella del Perdono e al Tempietto delle Muse che accoglieva le otto tavole di Giovanni Santi e Timoteo Viti oggi alla Galleria Corsini di Firenze, restaurate per l’occasione ed esposte in mostra.
Infine si possono visitare gli immensi sotterranei del Palazzo, che raccontano gli aspetti più quotidiani della vita di corte.

I due famosi Torricini guardano verso le terre del Duca, mentre la sua facciata ad ali disegna la piazza insieme alla Chiesa di San Domenico che nel portale esibisce l’elegante lunetta di Luca della Robbia e al Duomo che dissimula la massiccia mole dietro la nobile facciata neoclassica, di Giuseppe Valadier.
Grazie all’attività dell’Accademia Raffaello, fondata nel 1869 e sostenuta da numerosi privati italiani e stranieri, inglesi in particolare, Urbino conserva ancora il nucleo primitivo della casa natale di Raffaello.

Trasformata in museo, custodisce tra le altre tre opere importantissime, che saranno esposte in mostra: una predella di Berto di Giovanni, l’“Annunciazione” di Giovanni Santi e l’affresco raffigurante la “Madonna con Bambino” che la critica assegna alla giovane attività di Raffaello.
Ma è tutto il centro storico di Urbino, raccolto fra le mura rinascimentali, a testimoniare l’ambiente in cui Raffaello ha trascorso i suoi anni giovanili fino a diventare “magister”.

Molti dei suoi palazzi signorili, delle sue chiese e dei suoi oratori racchiudono capolavori assoluti. Eppure Urbino non è una “città – museo”, è un luogo dove la vivacità si incontra con la storia, creando delle atmosfere difficilmente ripetibili.
Il visitatore si trova a percorrere i caratteristici saliscendi delle strade accolto da architetture ben equilibrate, dove la luce delle stagioni esalta i colori caldi delle facciate.

“Gli edifici suoi sono di perfetta materia, mattoni e calce, ornati di varie sorti di pietra gentilmente lavorate…”, così Bernardino Baldi esalta il decoro edilizio di Urbino. La testimonianza più significativa della pittura tardo- gotica è il ciclo affrescato dai fratelli Salimbeni di San Severino nell’Oratorio di San Giovanni Battista.
Accanto, l’Oratorio di San Giuseppe ospita la Cappella del Presepe, nata dalla maestria scultorea di Federico Brandani.

Ricchi di testimonianze sono numerosi altri oratori, come quello di Santa Croce e quello dell’Umiltà, che custodiscono opere di Federico Barocci e della sua scuola.

L’imponente Monastero di Santa Chiara comprende uno straordinario giardino pensile che si affaccia sulle colline delle Cesane.
Appena fuori le mura si erge il mausoleo di San Bernardino, prestigioso monumento assegnato al genio dell'architetto senese Francesco di Giorgio.

Al suo interno era conservata la pala con la “Sacra Conversazione” di Piero della Francesca, oggi nella Pinacoteca di Brera.
Un ideale itinerario alla riscoperta della formazione di Raffaello può proseguire oltre la sua città natale, nel territorio dell’antico Ducato di Montefeltro, che proprio nel XV secolo ha conosciuto il suo massimo splendore, che possiamo ritrovare nelle pievi e nelle abbazie come quelle di Lamoli e di Fonte Avellana, nei borghi fortificati e nei castelli di Frontone, Piobbico, Piandimeleto, Sant’Agata Feltria, Frontino, nella rocca di San Leo, con la sua storia antica e piena di misteri, e in quella di Sassocorvaro, progettata come altre innumerevoli architetture militari e civili di queste terre dallo stesso Francesco di Giorgio e utilizzata durante l’ultima guerra mondiale come rifugio di migliaia di opere d’arte e straordinari capolavori.

Non solo quelli della Galleria Nazionale di Urbino, ma anche di altri musei di Venezia e di altre città.
Tra questi la straordinaria Incoronazione della Vergine di Giovanni Bellini, oggi conservata nei Musei Civici di Pesaro.

Una tappa fondamentale è Cagli, sulla via Flaminia verso Roma, dove l’affresco della Cappella Tiranni nella Chiesa di San Domenico ci riconduce al fondamentale rapporto tra Raffaello e il padre. Recentemente restaurato, grazie al Comitato Cultura di Confindustria Pesaro Urbino, l’affresco è considerato il capolavoro di Giovanni Santi e rappresenta proprio il punto di tangenza con la pittura del figlio, che ne erediterà la bottega. Nelle sembianze di San Giovanni Battista e di un angelo sembra perfino di poter riconoscere l’autoritratto del pittore e il ritratto di Raffaello fanciullo.
Importante centro già in epoca romana, Cagli offre numerose altre architetture, come il Torrione di Francesco di Giorgio, il Palazzo Pubblico, la chiesa gotica di San Francesco, la chiesa di Sant’Angelo minore con la Loggetta e il Noli me tangere di Timoteo Viti. Urbania, l’antica Casteldurante, è il centro di una delle più importanti aree di produzione ceramica, a cui dobbiamo alcune tra le più belle maioliche del Rinascimento.
La grande fioritura del XVI secolo si nutrì infatti di riferimenti raffaelleschi e di motivi ispirati dagli artisti della corte urbinate, distinguendosi per la raffinatezza del genere istoriato. Totalmente legato alle vicende dei Montefeltro e dei Della Rovere è il palazzo Ducale di Urbania e appena fuori delle mura il Barco Ducale, nato come residenza di caccia.

Ma anche altre cittadine come Fossombrone, Fermignano, Sant’Angelo in Vado, Macerata Feltria, Mercatello sul Metauro, Apecchio, Novafeltria o Pennabilli custodiscono chiese, palazzi e piccoli musei, vantano spesso deliziosi teatri storici e sono inseriti in una magnifica cornice naturale.
Il Montefeltro è infatti ricchissimo di risorse ambientali (la foresta delle Cesane, l’Alpe della Luna, i monti Catria, Nerone e Carpegna) e di eccellenze gastronomiche come la caciotta di Urbino e il formaggio di fossa, il prosciutto di Carpegna e il salame del Montefeltro, il grande tartufo di Acqualagna.


Raffaello e Urbino: la formazione giovanile e i rapporti con la città natale

Urbino non fu solo la città natale di Raffaello, ma determinò in modo significativo la sua formazione, restando per tutta la sua vita un punto di riferimento essenziale. Partendo da questo presupposto, la grande mostra che si apre nel Palazzo Ducale di Urbino intende recuperare e valorizzare questa stretta connessione tra Raffaello e la sua città natale.
Esaminando il contesto urbinate dalla fine degli anni Settanta del Quattrocento, viene ricostruito l’ambito artistico-culturale in cui si formerà il giovane Raffaello e nel quale opera il padre, Giovanni Santi, pittore dei duchi e letterato, che è a capo di una ricca e fiorente bottega, oltre che autore della famosa “Cronaca” nella quale esprime importanti giudizi sui pittori a lui contemporanei.

La mostra, allestita nel Salone del Trono e nell’Appartamento della Duchessa del Palazzo Ducale, sede della Galleria Nazionale delle Marche, presenta i capolavori giovanili di Raffaello, 20 dipinti e 19 disegni originali, messi in rapporto alla pittura del padre e di altri artisti vicini alla fase giovanile della sua formazione.
La mostra rappresenta quindi un’occasione irripetibile che è resa possibile grazie a prestiti eccezionali concessi da alcune delle più prestigiose collezioni al mondo come il Prado, il Louvre, le National Gallery di Londra e Washington, il Getty Museum di Los Angeles, i musei di Lisbona, Berlino, Monaco, Francoforte, Vienna, Budapest, gli Uffizi, le Gallerie dell’Accademia di Venezia, la Pinacoteca di Brera, il Poldi Pezzoli, il Museo di Capodimonte ed altri ancora. Raffaello nasce in Urbino nel 1483.
Il padre, Giovanni Santi, muore nel 1494, quando il giovane Raffaello ha solo 11 anni, un’età in cui normalmente, in quell’epoca, i ragazzi avevano già mosso i primi passi del loro apprendistato nell’arte. Per descrivere la formazione di Raffaello, fino ad ora la storiografia si è basata sul racconto di Vasari, secondo cui il giovane pittore fu molto presto inviato dal padre nella bottega di Perugino.
Un racconto che sembra poco realistico, in particolare in rapporto con le date reali della vita del futuro maestro.

In realtà, già giovanissimo, egli aveva un solido patrimonio alle spalle e protettori importanti, mentre non esistono documenti che attestino un apprendistato diretto presso la bottega di Perugino.

Dopo la morte del padre, Raffaello ne eredita infatti la bottega, che gestisce con l’aiuto di Evangelista da Piandimeleto.
Forte di questa posizione e ricchezza, egli non aveva necessità di andare come garzone o allievo presso altri, se non in occasioni specifiche per conoscere il modo di operare degli artisti più noti. L’ubicazione e la consistenza della bottega che Giovanni Santi lascia in eredità al figlio, suo erede principale, è ora attestata da nuovi documenti.
La bottega, che era molto grande, attiva e fiorente, dopo la morte del Santi è la testimonianza che meglio chiarisce la qualifica di “Magister” riferita a Raffaello nel 1500 in occasione della commissione della pala di san Nicola per Città di Castello.

Come dimostrano i nuovi documenti emersi dalla ricerca approfondita negli archivi urbinati eseguita da Anna Falcioni e da Vincenzo Mosconi, è chiaro che Raffaello era radicato ad Urbino, - certa è la sua presenza nel 1497 e nel 1500, finora contestata dalla storiografia - da cui certamente si muoveva per altri luoghi, ma che rimane la sua base stabile, fonte di sussistenza e stabile punto di riferimento.
Giovanni Santi è la figura fondamentale nella formazione del giovane Raffaello, ma bisogna considerare l’influenza culturale non tanto e non solo di un pittore, quanto di un personaggio importantissimo nella cultura urbinate, cortigiano e uomo di lettere.

Così legato alla cultura dei Montefeltro egli era il tramite perfetto affinché il giovanissimo Raffaello traesse indelebili impressioni dalla immensa raccolta di capolavori presente nel palazzo ducale di Urbino.
E’ necessario ricordare che mentre la Perugia di fine Quattrocento era una città relativamente provinciale dal punto di vista culturale (Perugino, il pittore più ricercato e pagato del momento, lavorava per lo più a Firenze), Urbino era invece un fondamentale centro della cultura rinascimentale, che già all’epoca di Federico da Montefeltro rivaleggiava con Firenze con la sua originale accezione “matematica” del Rinascimento.
Una ampia rassegna della pittura fiorentina era raccolta nelle splendide miniature della biblioteca ducale, a cui aveva certamente accesso Giovanni Santi, che mostra di conoscere bene i codici conservati nella straordinaria biblioteca di Federico.

Fra gli elementi che avvalorano l’ipotesi di un rapporto diretto di Raffaello con la pittura del padre sono fondamentali i riscontri con l’ultima opera di Giovanni Santi, forse il suo capolavoro, la cappella Tiranni in San Domenico a Cagli.
I riscontri puntuali che emergono fra la pittura del giovane Raffaello e quella del padre sono stati tutti analizzati dalla critica, ma in questa mostra per la prima volta le sue opere giovanili sono messe in rapporto direttamente con quelle del padre.

Gli stretti rapporti della pittura di Raffaello con le opere del Perugino (non bisogna dimenticare anche il rapporto diretto fra Perugino e Giovanni Santi) vanno di pari passo con l’influenza della pittura paterna e di altri artisti, quali Signorelli e Pinturicchio, senza contare i rapporti con Timoteo Viti che è presente a Urbino dal 1495, dopo aver frequentato a Bologna la scuola del Francia e che Raffaello chiamerà poi a Roma.
Una sezione finale della mostra è dedicata al rapporto dell’opera di Raffaello con la più importante produzione del ducato di Urbino, la maiolica, basata sulle immagini raffaellesche, di cui sono esposti esemplari antichi.

Sarà visibile, per la prima volta, un pezzo mai esposto, derivato direttamente da un disegno originale e non da un’incisione di Raffaello, assieme a numerosi esempi fra i più preziosi di questa produzione.
In occasione della mostra la casa editrice Electa pubblicherà un prestigioso catalogo corredato da saggi dei maggiori studiosi, da ampi apparati documentari e da un regesto illustrato delle opere. Con la mostra saranno promossi itinerari nella città di Urbino, nel Montefeltro e nella regione Marche, alla scoperta degli ambienti e dei contesti in cui si è formata la personalità artistica di Raffaello.
Scarica elenco delle opere (pdf - 440Kb)



Palazzo DucalePiazza Duca Federico, 10761029 - Urbino

La mostra è aperta:Dal martedì alla domenica dalle 8.30 alle 19.15 (la biglietteria chiude alle 18.00)Lunedì dalle 8.30 alle 14.00 (la biglietteria chiude alle 12.30)Lunedì 13 aprile e 1° giugno dalle 8.30 alle 19.15 (la biglietteria chiude alle 18.00)

sabato 7 marzo 2009

Utrillo et Valadon


Utrillo et Valadon : quand la mère succède au fils

De Maurice Utrillo, on ne connaît pas grand chose, si ce n'est sa réputation de peintre maudit difficilement classable.
Gravement alcoolique, cet artiste du début du XXe siècle, qui inscrit son style avant-gardiste (pour l'époque) dans l'Ecole de Paris, a fait preuve d'un talent pictural flagrant avant de sombrer.

De Suzanne Valadon, sa mère, dont le succès prit le pas sur celui de son propre fils, on sait que de fille mère issue d'un milieu populaire, elle sut évoluer dans la sphère artistique de l'époque, et ainsi se faire connaître.

Photo :Portrait de Maurice Utrillo par Suzanne Valadon, 1921 / Coll. Pétridès, Paris


Leurs styles

Utrillo était maître dans l'art du paysage urbain : des images de Paris avec ses rues sans vie, à la perspective impec, avec des couleurs éteintes, et plus particulièrement un blanc mêlé de plâtre... ; et parfois des vues d'autres villes, peintes d'après carte postale avec un vrai souci de vérité.

Sa mère Suzanne, quant à elle, brillait par l'utilisation de ses teintes vivantes (on la rapprochait volontiers des Fauves), ses dessins de nus des femmes de son entourage, bref une œuvre pleine de vitalité.Ce qu'on en penseUne expo qui met en lumière l'histoire d'une filiation étonnante, de deux peintres qui ont compté dans le Montmartre arty, à travers un parcours pas trop long. Très bien expliqué sans que les parenthèses de textes soient jamais ennuyeuses, ce parcours post-impressionniste à la Pinacothèque de Paris est un vrai divertissement culturel.Ne manquez pas les ateliers pour enfants

Faites découvrir l'univers de Montmartre et initiez vos enfants à la Peinture (cet art avec un grand P !) grâce à quatre ateliers que propose la Pinacothèque.

Infos pratiques : Pinacothèque de Paris, 28 pl. de la Madeleine, 75008 Paris

Tél. : 01 42 68 02 01Tarifs expo : 9 € et 7 €

Ateliers enfants (de 5 à 11 ans) : tous les mercredis et samedis, 14h et 16h

Tarifs ateliers : 10 € pour 1h30 (résa obligatoire)

domenica 22 febbraio 2009

Guy Bourdin, fotografo


Uno degli artisti più interessanti e innovativi nel mondo delle arti visive.

Una sensibilità unica e una percezione originale del mondo della moda e della pubblicità, caratterizzata da una costante ricerca della perfezione.

Alla fine degli anni ‘70 Guy Bourdin è stato parte del radicale cambiamento della storia della fotografia.

Ha lavorato attraverso metafore, esplorando realtà contraddittorie ed esaltandone le qualità più sublimi e irrazionali. Le sue immagini ambigue e costruite nel dettagli sono costruite su un’estetica surreale con un utilizzo dei colori molto personale.

Influenzato dal movimento surrealista, in particolare Ispirato dal suo mentore Man Ray, dal fotografo Edward Weston e dai pittori René Magritte e Balthus, Guy Bourdin esplora con grande passione il concetto di desiderio come espressione autentica del proprio essere: la ricerca della bellezza, il tema della vita e della morte e la sessualità come momenti chiave di ogni esistenza.
L’esposizione presso la Galleria Sozzani è divisa in due parti.

“A Message for You” raggruppa la produzione di fine anni ’70 quando, nel pieno della sua maturità artistica, il suo sguardo attento registra i cambiamenti sociali di quegli anni: la libertà sessuale, le frivolezze del capitalismo, gli eccessi del consumismo e la presenza crescente dei media.

Tutti questi temi trovano la collocazione perfetta sulle pagine patinate delle riviste di moda. Accanto ad alcune delle sue immagini più significative, la mostra “Unseen” presenta una selezione di lavori provenienti dall’archivio privato di Guy Bourdin.

Le sue fotografie non hanno perso la forza provocatoria che le ha contraddistinte fin dall’inizio.
A quasi 18 anni dalla sua morte, la sua eredità artistica è celebrata dai musei di tutto il mondo e continua ad ispirare generazioni di fotografi.

14/02/2009
05/04/2009 Ingresso libero
Galleria Carla Sozzani
corso Como 10
Milano - Italia
Apertura: Martedì, venerdì, sabato e domenica: ore 10.30 – 19.30 ,

mercoledì e giovedì: ore 10.30 – 21.00, lunedì: ore 15.30 – 19.30
Per informazioni
http://www.galleriacarlasozzani.org/

Pablo Echaurren

Esposizione : 100 anni di futurismo
a Torino.


La massima parte dei testi e dei documenti raccolti in mostra -alcuni, di valore storico incalcolabile, mai prima d’ora esposti- provengono dalla collezione, unica al mondo, di Pablo Echaurren e di Claudia Salaris.


Da un lato una grandissima e autorevolissima studiosa del Futurismo i cui scritti sono un riferimento obbligato per ogni cultore del movimento; dall’altro una poliedrica figura intellettuale alla quale però la mostra vuole rendere omaggio non soltanto per il suo benemerito ruolo di collezionista, ma anche per quello di artista, e “antagonista”.


Con il tributo a Echaurren e la mostra di suoi quadri, grafiche e oggetti, si solleva il problema di una possibile “eredità”, non formale ma spirituale, del Futurismo.
20/02/2009
05/04/2009
Ingresso gratuito
MIAAO via Maria Vittoria, 5 Torino - Italia
Apertura dal martedì al venerdì, ore 16-19,30 sabato e domenica, ore 11-19
lunedì chiuso



Per informazioni
http://www.miaao.org/

mercoledì 18 febbraio 2009

Le concours World Press 2009


Créée à Amsterdam en 1955, l'organisation World Press Photo vise à stimuler et soutenir le photojournalisme en promouvant un échange d'informations libre et non restreint.

Pour ce faire, elle organise des expositions, met en place des programmes éducatifs, tente d'accroître la visibilité des photographies de presse à travers différentes publications et organise un concours annuel destiné à valoriser les meilleures parutions photographiques.
Cette année pour la 52e édition du concours, le jury a récompensé 64 photographes de 27 nationalités différentes dans dix catégories thématiques différentes : spot news (photos d'actualité), general news (informations générales), people (personnes), sport actions (exploits sportifs), sports features (reportages sportifs), contemporary issues (problèmes contemporains), daily life (vie quotidienne), portraits (portraits), arts and entertainment (arts et divertissement) et nature (nature).
Pour chacune de ces catégories, les participants pouvaient soumettre soit des singles (images isolées) soit des stories (reportages composés de plusieurs images).

Dans la photo :
Photographe : Anthony Suau pour Time Magazine, Etats-Unis
A la suite d’un avis d’expulsion, le détective (armé) Robert Kole vient s’assurer que la famille qui ne pouvait plus rembourser son emprunt immobilier a bien quitté les lieux.
Illustrant la crise des subprimes, ce cliché pris le 26 mars 2008 à Cleveland dans l’Ohio a obtenu la plus haute distinction du concours World Press Photo 2009.
Le photographe américain lauréat se verra remettre son prix ainsi que 10 000 euros lors d’une cérémonie prévue à Amsterdam le 3 mai prochain.