giovedì 31 marzo 2016

Il caffè sospeso è generoso come i napoletani !






Il caffè sospeso nasce a Napoli e conquista il mondo !
 



E’ un concetto sconosciuto nel resto del mondo, un’idea “nuova” tutta italiana, ma che sta affascinando molti: regalare un caffè a sconosciuti, per il dire che siamo felici.
 
Il « caffè sospeso» è un’usanza nata a Napoli durante la seconda guerra mondiale.
Per solidarietà in un momento critico della storia italiana, chi poteva pagava alla cassa il proprio caffè e ne aggiungeva un altro « da lasciare in sospeso », destinato a chiunque lo chiedesse.
 


Oggi, ancora una volta, viviamo un momento di profonda crisi, e l’idea è stata ripresa e diffusa in molte città italiane, anche grazie alla « Rete del caffe sospeso », nata nel 2010 per volere di fondatori quali il celebre « Caffè Gabrinus » di Napoli.
 
La provincia bergamasca ha un reddito procapite tra i più alti del Paese, ma in molti bar, si può regalare un caffè o un’intera colazione a chi ne ha bisogno (o, comunque, a chi la chiede).
 
Negli ultimi anni anni hanno aderito anche tre bar all’estero, uno in Spagna, uno in Svezia e uno in Brasile.
 
Esiste anche una giornata dedicata al caffe sospeso, il 10 dicembre, e l’idea ha valicato anche i confini dei bar: si fa in una pizzeria napoletana, e addirittura nei negozi di una catena di librerie, la Feltrinelli, che offre così ristoro gratis anche alla mente di chi è in difficoltà.
 
“Il caffè sospeso” è diventato l’orgoglio italiano negli Stati Uniti perchè la pratica è diventata una storia natalizia per il “New York Times”, che ha rivelato questa simpatica tradizione sottolineando la celebre gentilezza degli italiani.
 

Corby Kummer, forse il più famoso food writer degli Stati Uniti, ha ripreso la questione su “The Atlantic”, e ha addirittura lanciato una sfida alle grandi catene americane come Starbucks: le aziende – scrive – dovrebbero aggiungere una nuova voce ai registratori di cassa, per permettere ai clienti di pagare una certa somma per gli altri. 

“Forse entro il prossimo Natale saremo tutti abituati a usare parole nuove – ha concluso -, che non avremmo mai pensato di usare, ma il cui significato ci è piaciuto subito, come per esempio: « Pago anche un caffè sospeso »



domenica 31 gennaio 2016

Sophie Marceau aime un patissier, Cyril Lignac


Sophie Marceau et Cyril Lignac s'aiment ! (Selon Voici)



L'actrice âgée de 49 ans, et le cuisinier, âgé de 38 ans, seraient ensemble depuis une quinzaine de jours. 


Le cuisinier/patissier préféré des Français et l'actrice se sont notamment croisés à Cannes, lors du festival. 
Elle était membre du jury, lui chargé de régaler les convives de ses plats succulents. 

Mais l'histoire se serait accélérée ces dernières semaines. 
Le vendredi 22 janvier, Sophie Marceau a été vue arrivant chez Cyril Lignac, à Paris, en fin de journée, n'en ressortant que le lendemain matin...


Le lendemain, dans la soirée, le scénario se répète. 
Le dimanche, Cyril Lignac se rend cette fois chez Sophie Marceau, muni d'une galette des rois achetée dans une de ses boutiques, située dans Paris. 


Sauf que, selon Voici, surprise, le goûter ne se déroule pas uniquement entre les deux amoureux, mais également avec l'ex de Sophie Marceau, le réalisateur Jim Lemley, avec qui l'actrice a une petite fille âgée de 13 ans.



Juliette n'est pas le seul enfant de Sophie Marceau. 


L'actrice est également maman d'un garçon, Vincent, aujourd'hui âgé de 20 ans. Il est issu de sa liaison avec le réalisateur polonais Andrzej Zulawski, rencontré en 1981 au Festival de Cannes. 


L'actrice et le réalisateur, de 26 ans son aîné, commenceront leur liaison en 1984 et resteront ensemble durant 17 ans, avant de se séparer en 2001. 
Au cœur de cette séparation, le tournage de James Bond, Le monde ne suffit pas


Alors qu'elle tourne le film, en 1999, Sophie Marceau a une liaison avec le producteur Jim Lemley, avec qui elle a une fille. L'actrice et le réalisateur se séparent en 2007.




Cyril Lignac s'est fait connaître du grand public grâce à M6, où il a participé à Oui chef ! en 2005. 

Face à ce succès, il participe à plusieurs émission de la chaine, comme Top chef, ou encore Le meilleur pâtissier
La pâtisserie, c'est justement sa spécialité. 
En 2002, il a rejoint la pâtisserie de Pierre Hermé, avant de devenir sous-chef en pâtisserie auprès d'Alain Ducasse. Depuis son succès à la télévision, Cyril Lignac a pu ouvrir plusieurs restaurants. 
L'un, Le Quinzième, a une étoile Michelin. 

Il est également propriétaire de deux bistrots et de plusieurs pâtisseries, situées dans Paris.

domenica 10 gennaio 2016

Palazzo Parigi un luogo d'eccezione nel quartiere di Brera a Milano



Il Palazzo Parigi Hotel & Grand Spa è la destinazione da scegliere per vivere la Milano più sofisticata ed elegante.
 

Charme, lusso, alta cucina, suite spaziose nel centro della città più chic d'Italia.
 

Questo iconografico hotel si trova infatti nel cuore bohemien e cosmopolita della città – in Brera a due passi dal Quadrilatero della moda - e soprattutto, più che un albergo, si tratta di una vera galleria d’arte


Aperto nel 2013 dopo cinque anni di lavori, è il frutto del gusto e della felice intuizione dell’architetto Paola Giambelli – anche proprietaria dell’immobile - che ha rivalorizzato un’antica dimora nobiliare adibita ad austero complesso di edifici, chiamando a raccolta maestri del settore. 

Cominciando da Pierre-Yves Rochon: deus ex machina dell’interior design di alcuni dei più raffinati alberghi al mondo.

LO CHARME
Insieme hanno dato vita a un mix unico: un hotel in cui la maestosità dei palace francesi incontra la maestria della più rinomata tradizione artigianale italiana. 

Il risultato sono ampie e luminose sale arricchite da elementi decorativi che non passano inosservati anche all’occhio meno attento: i meravigliosi lampadari di Murano che accolgono nella lobby, lo scalone d’onore della hall e il colonnato che rievoca quello del Teatro alla Scala, o gli affreschi riportati alla grandeur di un tempo anche nella grande sala da ballo, un luogo d’altri tempi affacciato su un giardino secolare con statue del Seicento, tra i più belli della città.

 


LE CAMERE E LA SUITE DA SOGNO 
Una raffinata cura del dettaglio si nota negli spazi comuni così come nelle camere. 
Ce ne sono 65 e 33 le suite: una diversa dall’altra, pensate su misura perché ogni volta si possa scegliere tra quelle ispirate al più contemporaneo stile milanese o alla garbata allure parigina.

Chi voglia vivere un sogno in grande stile, può concedersi la Suite Presidenziale: 250 metri quadri all’ottavo piano, arredati con  opere d’arte nei saloni e nelle camere, boiserie in rovere, bagni in marmo e un terrazzo a tutto campo dal quale si gode un panorama memorabile sul Duomo, la cupola della Galleria Vittorio Emanuele e il Castello Sforzesco.
Un rifugio dotato di ogni comfort, pensato per chi soggiorna in città per lunghi periodi, ma anche per chi qui voglia trascorrere solo una notte davvero speciale.

Ci si può rilassare in totale privacy nell’hammam privato rivestito in mosaico di marmo, ma anche approfittare della cucina perfettamente attrezzata dove lo chef può preparare all’occorrenza cene molto romantiche o privatissime colazioni di lavoro; la camera congiunta si trasforma in una palestra personale oppure in una sala per riunioni dotata delle tecnologie più innovative.

L’ALTA CUCINA

 A Palazzo Parigi anche i luoghi del gusto sono sorprendenti. Il bistrot Caffè Parigi è ideale lungo l’arco dell’intera giornata: per eleganti  prime colazioni o pranzi di lavoro, all’ora del tè per assaggiare le miscele più pregiate.
Letteralmente spettacolare il ristorante gastronomico affacciato sul giardino privato. 



QUANDO PROVARE 

Subito, sempre, ogni volta che a Milano avete voglia di coccolarvi o vivere un’occasione speciale. 

Per informazioni o prenotazioni:reservations@palazzoparigi.com
Tel +39. 02. 625. 622. 22
www.palazzoparigi.com


sabato 9 gennaio 2016

L'affascinante storia della Bella Otero







Bruna, slanciata e sensuale, ballerina, mondana, cantante e perfino attrice La "Bella Otero" é l'ultimo mito della Belle Epoque.
Il suo vero nome é Augustina Iglesias (Valga, 4 novembre 1868Nizza, 10 aprile 1965)

Nata nella miseria in Galizia, figlia illegittima, stuprata da un giovane calzolaio all'età di 11 anni, fuggi' a Lisbona, in Portogallo, all'età di 14 anni con un ragazzo di nome Paco che lavorava in un circo e che l'inizio' alla danza e alla prostituzione.
Dopo Lisbona andarono a Barcellona, in Spagna.



Debuttò nel cabaret nel 1888 a Barcellona, trasferendosi subito dopo in Francia, dapprima a Marsiglia, e poi a Parigi dove divenne una stella delle Folies Bergère.


In pochi anni diventò una delle donne più celebri dell'intero continente, amante di molti uomini potenti e in vista dell'epoca, come il principe Alberto I di Monaco, il re grandEdoardo VII del Regno Unito, i reali di Serbia e di Spagna, i Granduchi di Russia, Pietro e Nicola Nikolaevič, o il celebre scrittore Gabriele D'Annunzio.


Nel 1890 fu protagonista di una trionfale tournée negli Stati Uniti e, di ritorno a Parigi due anni dopo era ormai la star indiscussa dei palcoscenici; si presentava in scena con abiti sontuosi e gioielli che ne esaltavano le forme a sostegno della sua fama di donna conturbante e fatale. 


Uno dei suoi più celebri costumi di scena prevedeva che le fossero incollate delle gemme preziose sul seno, e si disse anche che le cupole dell'Hotel Carlton di Cannes, costruito nel 1912, fossero state modellate sulla forma dei suoi seni



Nell'agosto 1898, a San Pietroburgo, l'operatore cinematografico francese Félix Mesguich (che lavorava per la compagnia dei Fratelli Lumière) filmò uno spezzone di un minuto che mostrava un numero di danza della Otero (sulle note del "Valse Brillante"), facendo di lei probabilmente «la prima stella della storia del cinema». 

Nel filmato compariva anche un ufficiale dell'esercito zarista, e quando venne proiettato al music-hall Aquarium, lo scandalo fu tale che Mesguich venne espulso dalla Russia.

Divenne molto amica della scrittrice Colette e della celebre ballerina della Belle Époque, Liane de Pougy, con la quale entrò in rivalità.


Terminata la prima guerra mondiale, la Otero si ritirò dalle scene, acquistò una proprietà con una sontuosa abitazione per un cifra equivalente a circa 15 milioni di dollari. 


L'attrice aveva accumulato negli anni, infatti, una cospicua fortuna che ammontava a circa 25 milioni di dollari, ma che consumò negli anni per sostenere uno stile di vista sofisticato e costoso e per soddisfare il suo gran vizio : il gioco nei Casino'.

Morì in uno stato di estrema povertà in Francia, nel 1965 all'età di 97 anni.

giovedì 29 ottobre 2015

A Venezia Bellini o Spritz?






A Venezia l'aperitivo è un rito che riempie i bar e le osterie (i bacari) della città, un appuntamento immancabile in nome della tradizione. 
L'aperitivo veneziano più conosciuto al mondo è il Bellini, ma il più diffuso e consumato in città è sicuramente lo Spritz.
 


Lo Spritz è l'aperitivo veneziano per eccellenza. 

Chiunque venga in città deve assolutamente provarlo. 
Ormai diffuso in tutto il Trivenento e anche altrove, questo aperitivo alcolico si compone di vino bianco, generalmente prosecco, acqua gassata o seltz, scorza di limone o arancia, e, a seconda dei gusti, Campari, Cynar, Aperol o Select che ne determinano la tipica colorazione rossa.

Le origini di questa bevanda sono ignote, ma sembra che siano stati i soldati dell'impero austroungarico di stanza nella Repubblica Serenissima a decretarne la nascita. Si dice infatti che questi allungassero i vini veneti con del seltz per diminuirne la gradazione alcolica. 


La diffusione della bevanda anche in Ungheria, Slovacchia, Slovenia, Croazia e Romania, ovvero in territori dell'ex monarchia austroungarica, e il suo stesso nome, che dovrebbe derivare dal verbo tedesco spritzen, spruzzare, dal gesto di allungare il vino con l'acqua, sembrano avvalorare quest'ipotesi.

A Venezia, ma anche in tutto il Veneto, lo Spritz è un rituale irrinunciabile ed è spesso accompagnato da cicheti, gli stuzzichini veneziani. 


Nel tardo pomeriggio date un'occhiata ai bar e alle osterie della città, di sicuro noterete moltissime persone col bicchiere pieno di un liquido rossastro, lo spritz !

Il Bellini, storico long drink di Venezia a base di vino bianco frizzante (champagne o prosecco) e polpa frullata di pesca bianca, fu inventato negli anni '40 da Giuseppe Cipriani, barman dell'Harry's Bar




Al giorno d'oggi è uno dei più noti cocktail italiani tanto essere uno dei cocktail ufficiali dell'Associazione Internazionale Bartender.

A partire dagli anni '80 viene anche prodotto industrialmente in bottiglia da una casa vinicola di San Donà di Piave in provincia di Venezia che lo distribuisce in tutto il mondo. 

Si dice che Cipriani gli diede questo nome perché il colore rosato gli ricordava il colore di una toga in un dipinto diel pittore Giovanni Bellini.
 

La ricetta originale prevede l'utilizzo delle pesche bianche, ma data la loro diffusione non vastissima, vengono spesso usate le pesche gialle oppure succhi o liquori a base di pesca.

Inoltre esistono alcune varianti che utilizzando altri frutti:
Rossini a base di fragola. 


Il nome è in onore del compositore Gioacchino Rossini;
Mimosa a base di spremuta d'arancia. 


Fu creato da Mr McGarry, barman al Buck's Club di Londra nel 1921; 
Tintoretto a base di melograno. Il nome è in onore del noto pittore veneziano.


8 parole italiane invidiate dai nostri amici di Gran Bretagna


 
Il made in Italy non è solo cibo, arte e moda. 
Anche la lingua italiana è apprezzata all’estero. 
 
Il sito del giornale inglese Theguardian ha pubblicato un articolo che riporta le 8 parole che il vocabolario inglese dovrebbe prendere in prestito da quello italiano perché hanno davvero un bel suono e perché sono divertenti da dire. 

1) Allora – In inglese “Then” o “So”
Motivazione: Quando si inizia a imparare la lingua italiana ci sono alcune parole che emergono da sole dalla frase e che si comprendono facilmente, anche se il suo significato dipende dal contesto in cui è inserita. 
Solitamente è citata prima di una frase scintillante e simpatica ed è facile da imparare, questo il pensiero del The Guardian.
Esempio: “Allooora, andiamo avanti con questa storia?”

2) Rocambolesco – In inglese “Adventurous/Fantastic
Motivazione: La parola è di origine francese. 
 Rocambole è infatti un personaggio di finzione creato dallo scrittore francese Alexis Ponson du Terrail nel 19°secolo.  
La parola poi deriva dalla predilezione del protagonista ad essere coinvolto in avventure continue e frenetiche. L’evoluzione della storia della parola affascina gli inglesi, una parola che ultimamente sembra essere davvero poco utilizzata, dovremmo riportarla in auge.

3) Chiaccherone/a – In inglese “Chatterbox”
Motivazione: Gli inglesi la definiscono una parola davvero seducente, così come tutti i suoi derivati: chiacchiera o chiacchierata e il verbo chiacchierare. 
Sottolineano poi che se si fa un passo malizioso in più si passa da “chiacchiera a pettegolezzo”. Anche quest’ultima parola li affascina molto.

4) Sfizio – In inglese “Whim”
Motivazione: In questo caso è il suono, lo sfrigolio e il sibilo della lingua per le prime due consonanti. 
Ne apprezzano anche il significato.

5) Struggimento  – In inglese “Misery”
Motivazione: Frustrazione e mancanza di soddisfazione. 
Non è un termine che ha una corretta traduzione in inglese e forse proprio per questo motivo questa parola è stata inserita in questa speciale classifica.

6) Dondolare – In inglese “To Wobble, to swing”
Motivazione: Un dondolone è qualcuno che oscilla, vacilla, e il termine indica una persona folle o un fannullone. 
Per loro esistono poche parole onomatopeiche come questa, forse la supera solo la parola “sussurrare”.

7) Mozzafiato – In inglese “Breathtaking
Motivazione: L’atto di “mozzare” l’aria è davvero molto evocativo. 
Un concetto che il termine inglese riesce a riportare solo in parte nella lingua anglosassone. 
Un termine più appropriato sarebbe “Breath – chopping”.

8) Dietrologia – In inglese “The Belief in hidden”
Motivazione: Solitamente la lingua inglese è più immediata e sintetica rispetto alla lingua italiana. In questo caso avviene il contrario, è normale per loro essere stupiti.

giovedì 8 ottobre 2015

La milanese vista da "Gioia" in modo divertente !


Trovato su Gioia .it, da leggere assolutamente !

 

Le milanesi si trovano in San Babila (quello che negli anni Ottanta era il ritrovo dei Paninari) per fare shopping tra amiche e spingersi fino a via Torino, oppure a un capo (Porta Venezia) o all’altro (piazzale Loreto) del lungo rettilineo di Corso Buenos Aires.

Quelle altospendenti hanno il quadrilatero della moda dove dare fondo alle proprie carte di credito. 
Le zone di Ticinese e Isola sono il territorio di caccia delle amanti del pezzo unico, che sia vintage o di una giovane stilista bravissima ma sconosciuta a chiunque



Meno battuti di quanto si creda sono Garibaldi / Corso Como e zona Washington.

Tutte le milanesi hanno un’amica che ha aperto un negozio delizioso con cose davvero originali che non trovi da nessun’altra parte

Acquistano l’usato solo se vintage certificato o se indossato giusto dalle modelle alle sfilate (e ci entrano: anche quando non sono una taglia 40 con il 40 di piede).



Le milanesi hanno il senso degli affari e girano tra le bancarelle dei mercati di quartiere come se stessero studiando i mercati finanziari: quello di Papiniano e quello di piazzale Lagosta sono tra i più grandi.



C’è però una verità: le milanesi adorano comprare altrove. 
A Londra come a Ostuni, Shanghai o Voghera.  
L’importante è poter dire che non l’ha comprato a Milano quando le diranno “bello questo cappotto!”.





martedì 6 ottobre 2015

Ma chi è stà Chiara Ferragni, regina dei fashion blogger?


Chiara Ferragni, è nata a Cremona nel 1987 da un padre dentista. Arriva in Francia, a Parigi, a circa vent'anni.

Iscritta alla Bocconi di Milano, ma non laureata. "Bionda, troppo magra, superficiale, fashion addict", a ventidue anni ha creato un blog, The Blonde Salad : parla di lei, di come si veste, delle sue borse e delle scarpe appena acquistate. 

Totale: 600 mila visitatori al mese e più di due milioni e mezzo di fedelissimi followers su Instagram, che, tradotto in soldoni, fa un giro d’affari di circa 8 milioni di euro.


Riccardo Pozzoli, il fidanzato, è l’uomo che ha scommesso su Chiara Ferragni e il blog "The Blonde Salad", premiato a Berlino come il sito fashion di maggiore successo «Eravamo fidanzati e abbiamo iniziato con 500 euro. Ora fatturiamo 6 milioni l’anno», racconta a Grazia. «E anche se ci siamo lasciati, il nostro viaggio insieme è solo agli inizi»


Chiara Ferragni è ormai divenuta una delle fashion-blogger più note e seguite in campo internazionale, con un vastissimo stuolo di followers soprattutto all’estero.  

The Blonde Salad, l’Insalata Bionda, è oggi molto di più di un semplice blog, ma si è trasformato in un riferimento di stile e ispirazione per milioni di persone in Italia e nel mondo, tanto da portare la sua creatrice a collaborare con le più note e prestigiose luxury & fashion brand, ad apparire come opinion maker e contemporaneamente modella nelle più note riviste internazionali, a essere riconosciuta dall’intera community come una delle figure più influenti dell’intero panorama della moda.
Chiara è anche diventata direttore creativo di una linea tutta sua di calzature di grande successo prodotte interamente in Italia. 
Per tutti questi motivi Chiara Ferragni è entrata nella classifica dei 30 Under 30 più influenti secondo Forbes per il 2015.

Era l’ottobre del 2009 e a quel tempo il peso e l’incidenza di un blog sull’experience di un seguace della moda era tutt’altro che cosa comune e riconosciuta, come forse accade oggi.

Quella di Chiara fu quindi soprattutto una sfida, una intuizione felice che discendeva non solo dal suo talento, ma anche dallo spirito di iniziativa, si potrebbe dire dall’imprenditorialità, che la caratterizza oggi come allora.
Una scommessa vinta: appena un anno dopo o poco più, la ragazza di Cremona che ancora frequentava la facoltà di giurisprudenza presso l’Università Bocconi di Milano, fu indicata dalla rivista americana New York come One of the biggest breakout street-style stars of the year, puntando i riflettori su di lei e dandole uno slancio enorme.
A dicembre 2011, la creatrice di The Blonde Salad fu indicata da Vogue come Blogger Of The Moment grazie ai suoi oltre un milione di visitors e 12 milioni di impression medie ogni mese.
L’ascesa, da quel momento è stata inarrestabile: a dicembre 2013, il blog raggiunse il traguardo degli 1,6 milioni di followers su Instagram e in quel momento The Blonde Salad divenne anche un e-book, il primo scritto da Chiara, e pubblicato in Italia. 
Oggi i followers, per la cronaca, sono più di tre milioni…
Chiara Ferragni è stata anche protagonista di alcuni riuscitissimi shoot per Guess, ha lavorato con Steve Madden per il concept di una 9-shoe collection e ha avviato collaborazioni con Christian Dior, Louis Vuitton, Max Mara, Chanel, Tommy Hilfiger. Nel 2014 Chiara è stata insignita per il terzo anno consecutivo con il Bloglovin’ Award dalla popolare piattaforma americana di aggregazione dei feeds con specializzazione in ambito lifestyle.


Il segreto di Chiara Ferragni è questo : ha coltivato una passione per anni, ha guadagnando autorevolezza nelle community dedicate a un argomento ben preciso, ha aperto un blog quando nessuno lo faceva. 
In altre parole è stata pioniere, ha creato e non ha seguito.
Ovviamente questo non è sufficiente per giustificare il fatto che la sua attività ora risponda alla cifra di 8 milioni di euro. 
A volte ci vuole anche un pizzico di fortuna, no?

lunedì 5 ottobre 2015

Pietracupa è la Betlemme del Molise







E’ un suggestivo paese di pochi abitanti arroccato ai piedi di un piccolo monte nel cuore del Medio Sannio, sovrastato da uno sperone di roccia: 

Pietracupa, in provincia di Campobasso, è un luogo che possiede qualcosa di magico e in molto lo conoscono come la piccola Betlemme molisana, caratterizzato com’è dalla presenza di una grotta dove, alla Vigilia di Natale, ci si ritrova a vivere una Natività davvero molto realistica. 



Grazie alla sua conformazione, questa grotta è stata adibita ad usi diversi nel corso del tempo: inizialmente utilizzata come luogo di dimora, abitata dai primi seguaci di Papa Celestino, venne trasformata in seguito in tribunale ai tempi dell’inquisizione, fino ad essere adoperata come prigione ma anche come luogo pubblico per le esecuzioni capitali.

Con un po’ di attenzione si possono ancora scorgere sulla volta della Cripta, dei punti di appoggio su cui erano messe le travi per le impiccagioni, e, sulle pareti, dei fori per il passaggio delle catene. 


Sull'ingresso principale, oggi finestra, è ancora presente una lapide con la figura di Salomone e la scritta in latino: "Qui si amministra la giustizia". Pare che fosse anche il luogo dove venivano accusate e torturate molte donne per stregoneria. 

Con l'avvento dei Caracciolo, la grotta assunse un’importante funzione di fortezza militare e di postazione di guardia del territorio, cambiando ancora nel 1654 quando diventa il posto dove venivano abbandonati gli appestati. 

Durante i conflitti mondiali è stata per gli abitanti rifugio dai bombardamenti aerei, e si deve all’intervento di Monsignor Orlando di Tella, agli inizi degli Anni Settanta, la trasformazione nell’attuale luogo di preghiera della comunità, conosciuto con il nome di Cripta, con l’altare circolare composto da un’antica macina del vecchio mulino del paese.
Tra le opere più importanti che si  possono trovare al suo interno spicca un bellissimo crocefisso del Cinquecento particolare perché senza braccia. 

Vi sono poi custoditi un Bambino Gesù di legno d’olivo, a grandezza naturale, proveniente da Nazareth, assieme ad un calice anch’esso di legno, a testimoniare la professione di San Giuseppe, acquistato a Betlemme. 

Una curiosità lega questi due oggetti, che sono stati entrambi benedetti personalmente da Papa Giovanni Paolo II: vengono esposti ed utilizzati nelle feste di Natale, alla presenza di personalità, dei media, con la partecipazione di zampognari, torce, stelle filanti e musiche composte proprio per il paese. In cima alla scalinata c'è anche la chiesa di Sant'Antonio Abate, risalente alla fine del Seicento: la struttura dell'edificio sacro fu in parte ricavata dalla roccia e in parte costruita in pietra bianca e si caratterizza per la sua architettura atipica che sembra essere stata progettata per adeguarsi alla conformazione della montagna.